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S'IO FOSSI FERMO ALLA SPELUNCA

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di Giancarlo Mauri

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Nell’estate del 1671 Niccolò Stenone lascia Firenze diretto ai monti. Non è una vacanza la sua, ma una liberazione. L’aria fiorentina è divenuta irrespirabile: la corte è guidata da un sovrano che ha dilapidato immense risorse e caricato il popolo di continue tasse per mantenere ricchi i monasteri. La moglie del Granduca vive lontana dal marito. All’università di Pisa la qualità dell’insegnamento raschia il fondo del pentolone e il principe Leopoldo, fratello di Cosimo III, divenuto cardinale ha cessato d’interessarsi all’Accademia del Cimento,   chiudendone i battenti.

Per Stenone i fasti del periodo parigino, con l’apoteosi della Conferenza sul cervello, sono ormai lontani. È quindi una boccata d’aria fresca la proposta, sollecitata dal conte Magalotti, d’inviare Stenone sui monti prealpini al fine di «determinare finalmente la tanto famosa e per tanti secoli agitata disputa intorno all’antiperistasi», un’idea che risale ad Aristotele, dimostrando che il “termometro fiorentino” ideato dagli accademici è cosa buona e utile.

A cavallo, lo scienziato raggiunge la trentina Val di Gresta, nota per le sue buche che nei mesi estivi emettono aria gelida. Poi si sposta a Milano, base di partenza per la salita alla Ghiacciaia di Moncòdeno, della quale Stenone scriverà la relazione che mette fine alla disputa intorno all’antiperistasi: il caso è risolto e la lettera si chiude con lo schizzo della ghiacciaia, disegno subito fatto sparire e quindi rimasto ignoto a Mario Cermenati e all’abate Stoppani. Ma esistente.

Questa gita in Grigna chiude il percorso scientifico di Stenone.

15 x 21 cm | 242 pg | Copertina morbida | b/nero | ISBN 978-88-85732-66-7

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